Pensare a se stesse non è egoismo. Parte I

Pensare a se stesse? Per molte persone, e soprattutto per le donne, è un’arte difficile. Dovrebbe essere naturale prendersi cura di sé e dei propri bisogni, darsi da fare per soddisfare le proprie esigenze. Eppure spesso molti condizionamenti ce lo impediscono.

Questo è un articolo dedicato alle donne, ma utile anche per gli uomini che vogliano capire meglio la propria compagna

Non è facile ritagliarsi del tempo e delle energie per sé stesse, per donne che spesso sono contemporaneamente mogli, madri, lavoratrici o professioniste. Una donna nel pieno della sua vita è presa da mille cose.

Eppure spesso si esagera. Ci si carica di impegni che non sono sempre così necessari. Ci si dimentica di delegare. Si affronta tutto e subito, come se la vita non avesse un domani, dimenticando le proprie priorità e perdendo di vista le proprie esigenze profonde.

Si pretende di controllare tutto, sin nei minimi dettagli (smarrendo però la prospettiva generale della propria vita). E ci si lascia condizionare dalle aspettative degli altri! Come conclusione, può succedere di trovarsi oberate di impegni, con la sensazione di non farcela più, di non poter rilassarsi, e neppure pensare…

Perché è così difficile pensare a se stesse?

Scopriamo insieme perché spesso ci trascuriamo e come ritrovare la strada che ci porta a noi stesse.

Foto di Fardazza/cristinella http://www.flickr.com/photos/fardazza/Foto di Fardazza/cristinella http://www.flickr.com/photos/fardazza/

1)
Il modello maschile (esagerato)

Per molte donne, il lavoro ha un valore quasi di “riscatto”. Terrorizzate all’idea di diventare come le proprie madri, dipendenti dal marito, prive di una propria realizzazione fuori casa, si buttano anima e corpo nell’impegno professionale, nella cosiddetta “carriera”. E’ una spinta comprensibile, in una fase di transizione in cui le donne hanno conquistato il loro posto nel mondo del lavoro, ma non sono ancora riuscite a condizionarne le logiche.

E dunque c’è chi si adegua a valori maschili: la competitività, lo sforzo di fare carriera, l’idea che, se non si dà il massimo, ci sarà sempre qualcuno pronto a spintonarci…

Effettivamente non è facile contrastare questo modello: ancora oggi, sul lavoro a una donna viene spesso richiesto di dimostrare di essere brava, mentre magari le capacità di un collega uomo di pari grado vengono date maggiormente per scontate. Ancora oggi si dà maggior valore al presenzialismo (vedi disponibilità a straordinari o a riunioni-fiume che finiscono a ore impossibili per chi ha una famiglia da seguire) che non alla sensibilità, all’intuizione, alla creatività (molte dipendenti rendono più dei colleghi, anche se non si trattengono mai oltre l’orario di lavoro).

Diverse donne dunque vedono nell’essere prese da mille impegni lavorativi, e nel vivere una professione che richiede tanti sacrifici, una conferma del proprio valore.

E non sbagliano. Però forse esagerano: e infatti qualcuna, crescendo, inizia a vivere la professione con meno accanimento, più relax, più sicurezza in se stessa. E scopre che, magari, stressandosi di meno, paradossalmente ottiene anche di più…

2)
Il modello femminile (distorto)

Per qualcuna, l’eccesso di impegno non viene dal lavoro, ma dalla famiglia. Ci sono donne che si caricano di incombenze perché credono che spetti loro di prendersi cura, in modo esagerato, delle esigenze delle persone che stanno loro a cuore.

Anche questa tendenza viene da un passato che non è poi troppo lontano: solo pochi decenni fa, era considerato ovvio che la moglie fosse a disposizione del marito e dei figli… Tuttavia, anche se il prendersi cura degli altri fa parte del tradizionale ruolo femminile, c’è chi eccede, e distorce questo atteggiamento.

Non è davvero pensabile oggi che una donna serva in tutto e per tutto un marito incapace di cuocersi da solo anche due uova al tegamino, oppure che si trasformi in autista e cameriera per figli viziatissimi. Eppure qualcuna lo fa: perché è stata educata così, perché crede che gli altri si aspettino questo da lei, perché non osa pensare cosa accadrebbe se smettesse. Ma anche, a volte, perché prendersi cura esageratamente degli altri è un modo di controllarli, di essere presente nelle loro vite, di chiedere l’amore con il ricatto affettivo…

3)
La fuga da sé

Ma ci sono anche donne che si caricano di troppi impegni semplicemente dichiarandosi “vittime” di circostanze esteriori, che le “obbligano” a correre, darsi da fare, prodigarsi incessantemente, sempre rivolte all’esterno, senza mai il tempo di ascoltarsi. Sostengono di non poter proprio pensare a se stesse.

Ma è davvero così? Scavando nella vita di queste persone, si scopre il più delle volte che le necessità economiche che sembrano imporre ritmi lavorativi stressanti non sono poi così impellenti, che le richieste familiari potrebbero essere gestite diversamente, che farsi aiutare non sarebbe così tragico.

Ma in molti casi, il sobbarcarsi mille impegni rappresenta un modo ideale di fuggire da sé, di evitare proprio quel contatto che a parole si invoca. Cosa accadrebbe, infatti, se ci fosse la possibilità di ascoltare davvero i propri sentimenti? Cosa succederebbe se ci fosse la possibilità di vivere facendo davvero quello che si desidera?

Il timore – qualche volta inconsapevole – di molte persone è che a questo punto si dovrebbero affrontare sentimenti sino a quel momento sepolti: tra di essi ci potrebbero essere depressione, tristezza, insoddisfazione. Si dovrebbe ammettere che nella propria vita ci sono cose che non vanno (primo passo necessario per poterle risolvere).

Oppure si scoprirebbe il vuoto: dopo tanto tempo in cui manca il contatto con se stesse, non è facile riprenderlo dall’oggi al domani. Stare ferme, senza correre, senza fare niente, può allora apparire una prospettiva spaventosa.

Ma imparare a pensare a se stesse, in modo sano, è possibile. Leggi il prossimo post…

Foto di Anete Lusina da Pexels

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