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Foto di Sara Meloni (http://www.flickr.com/people/szarah/)

Chi sono le “donne che amano troppo”? Ovvero le donne che soffrono di dipendenza affettiva?

Quando confonde amore e sofferenza, una donna sta amando troppo. Quando accetta una relazione che lede la sua dignità e non la rende serena e felice, ma ciononostante non riesce a interromperla, sta amando troppo…

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Una donna ama troppo anche quando rimane con un compagno aggressivo e violento fisicamente o psicologicamente.

Oppure quando rimane in una relazione insoddisfacente, in cui si sente infelice e trascurata, ma non riesce a uscirne.

Oppure quando in una relazione dà molto più di quanto riceva, per il terrore di perdere il partner.

Oppure ancora quando passa da un partner all’altro non con piacevole spensieratezza, ma perché le sembra quasi di non esistere se non ha un uomo, una donna sta, ancora una volta, amando troppo.

Come si vede, queste situazioni non hanno davvero niente a che fare con il vero amore, ma assomigliano più a una sorta di ossessione.
La definizione viene dall’ormai famosissimo libro Donne che amano troppo (in Italia edito da Feltrinelli) della psicoterapeuta americana Robin Norwood. L’autrice ha ben spiegato la dinamica malata che porta alcune donne a essere dipendenti da una relazione: la dipendenza affettiva assomiglia a quella per il cibo o per l’alcol, e ha origine da una profonda sofferenza interiore.

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Immagine del film Chéri di Stephen Frears

Un tema approfondito benissimo nel film “Chéri” di Stephen Frears, tratto dal romanzo di Colette, interpretato da Michelle Pfeiffer e Rupert Friend. Ma basta guardarsi intorno per vedere che sempre più spesso nascono coppie in cui lui è più giovane

“Tu non hai letto il mio primo libro, ‘Una donna’. V’ha, al principio, il racconto della mia educazione infantile, del mio dressage mentale. Segue poi l’intera narrazione di quello che io chiamo una preistoria, fino al giorno in cui lasciai marito e figlio e cominciai a vivere come Sibilla. Nello stesso giorno – te l’ho mai detto? – tu, Luciano, nascevi. S’io inventassi una simile coincidenza per un romanzo, chi ci crederebbe? Avevo all’incirca gli anni che hai tu oggi” .

Con queste parole la “scandalosa” Sibilla Aleramo si rivolge al suo amore ragazzo, pronta a vivere un amore insolito, trasgressivo, peccaminoso per quell’epoca. Perché lui è più giovane. Potrebbe essere suo figlio. E questo è considerato inaccettabile.

Oggi le cose sono cambiate. Il terribile tabù culturale e psicologico che vietava l’unione di una donna con un partner più giovane – mentre nessuna obiezione è mai stata sollevata per gli incontri, magari altrettanto squilibrati anagraficamente, in cui è l’uomo a essere più anziano – si è molto affievolito, senza d’altra parte scomparire del tutto. Ma oggi si può amare un giovane. E infatti accade spesso che le donne decidano di vivere questa avventura, e fanno bene.

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Foto di Emiliano - Loungerie

Foto di Emiliano - Loungerie

Un brutto litigio, uno scontro doloroso, un’incomprensione che non si riesce a chiarire. E allora qualcuno si ritrova a sospirare: sente ancora l’amore ma, negli ultimi tempi, tutto nel rapporto di coppia sembra diventato difficile…

E in questi casi capita di dirsi (come forse si è già fatto mille volte): “Forse dovremmo fare una terapia di coppia…”

Ma poi arrivano i dubbi: cosa può fare un terapeuta per voi? Non è che si metterà in mezzo a voi, come un giudice? E se si alleasse con l’uno o con l’altro, complicando ancor più le cose? Non sarà ridicolo, parlare dei vostri problemi a un estraneo?

E ci sono anche preoccupazioni più pratiche: quanto durerà la terapia? Quanto costerà? E infine: come convincere il o la partner a chiedere aiuto?

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Anche chi vive con un alcolista, un tossicodipendente, o un giocatore compulsivo ha bisogno d’aiuto.

Anzi, spesso i familiari soffrono di quella vera e propria malattia che si chiama co-dipendenza: non sono loro a bere, a drogarsi, a mettere in atto un comportamento compulsivo, ma è come se fossero essi stessi drogati dallo stress, dai ragionamenti malati, dalla necessità di controllare sempre il comportamento di chi sta loro accanto.

Spesso i partner di chi ha un problema di dipendenza vivono ansia (il dipendente ha dei frequenti sbalzi d’umore) paura (specie quando il familiare malato è anche violento), insicurezza economica, mancanza d’affetto, senso di vergogna e isolamento. S

ono condizioni pensantissime per un coniuge o un genitore, ma forse ancor più devastanti per un figlio, che crescendo non riceve l’amore e l’attenzione cui avrebbe diritto, e assorbe sensazioni di paura e incertezza a un livello molto profondo.

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Foto di Tearsandrain - http://www.flickr.com/photos/tearsandrain/

Foto di Tearsandrain - http://www.flickr.com/photos/tearsandrain/

Nome sanscrito: Anahata

Significato: Non colpito

Localizzazione: Al centro del petto

Elemento: Aria

Funzione: Amore

Orientamento dell’essere: relazionarci con chi ci è più vicino al cuore

Demone: Dolore

Plesso nervoso: Cardiaco

Ghiandola: Timo

Parti del corpo/sistemi: Sistema immunitario, sistema circolatorio (cuore e vasi sanguigni), sistema respiratorio (bronchi e polmoni), braccia, mani

Senso: Tatto

Colori: Verde smeraldo

Pianeti: Venere

Pietre preziose: Smeraldo, tormalina, giada

Verbo corrispondente: Io amo

Il quarto chakra si chiama Anahata, che significa “non colpito, fresco e pulito”: ed è esattamente così che si presenta l’amore, una volta dimenticate le ferite e dissolti gli schemi negativi che ci ancorano al passato.

Questo chakra, localizzato all’altezza del cuore, è collegato all’aspetto della relazione con le persone che ci sono care: il partner, i genitori, i fratelli e le sorelle, i figli, gli amici.

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